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Tennis, US Open, Djokovic contro tutti, il tabu di Serena: le incognite

Marco Castro

Aggiornato 25/08/2020 alle 11:08 GMT+2

Lo Slam più eccezionale di sempre si prepara a decollare nella surreale bolla di New York. Certezze nessuna, domande innumerevoli, anche e soprattutto per i big che hanno scelto di giocare il torneo.

US Open 2020: Djokovic, Thiem, S.Williams,Osaka

Credit Foto Eurosport

There is a light that never goes out. Dal 1881, anno della fondazione, gli US Open sono l’unico Slam a non aver mai conosciuto sosta e l’anno della pandemia globale non fa eccezione. Dal 31 agosto al 13 settembre, la bolla di Flushing Meadows ospiterà l’edizione numero 140 del torneo americano, tra innumerevoli dubbi e nessuna certezza. Ridimensionato nei suoi interpreti, a caccia di storie e aggrappato alla manciata di big che hanno scelto di esserci. Anche loro, come il resto della ciurma, con un grosso punto di domanda che aleggia sulla testa.
L’antipasto di Cincinnati, di stanza per l’occasione a New York, ci darà qualche indicazione in più. Ma per i delusi ci sarà poco spazio per rimuginare, perché poi si parte subito. E per quanto riguarda il torneo maschile, la domanda da un milione di dollari è una sola: chi può battere Novak Djokovic? Le assenze di Roger Federer (arrivederci al 2021) e Rafa Nadal (rimasto in Europa per preparare la campagna sul rosso) privano di fascino il torneo e lasciano al serbo, unico reduce degli Dei del tennis contemporaneo, la palma di primo favorito. Tra l’altro sarà il suo primo Slam (su 61 totali) senza entrambi gli storici rivali. Reduce da un’estate complessa, tra il contagio al coronavirus e il pasticcio Adria Tour, Nole ha tutto per rendere al meglio – soprattutto a livello mentale - anche in un contesto surreale, senza pubblico né tennis vero nelle gambe. Con lo stimolo del major numero 18, a due lunghezze dal record di Re Roger.
Djokovic è nettamente il favorito per gli Us Open, ma vedremo delle sorprese [Brad Gilbert, allenatore ed ex pro]
Per contro, l’occasione è d’oro anche per chi da tempi più o meno recenti insegue con credenziali la gloria negli Slam. Su tutti, Dominic Thiem. Il più pronto degli altri, dall’alto delle sue tre finali Slam, l’ultima svanita al quinto set dell’ultimo Melbourne proprio contro Djokovic. E checchè ne esca dalle sue dichiarazioni (“molti big non ci saranno, questo US Open vale meno degli Australian Open”), siamo sicuri che ricambierebbe il favore al serbo già a New York. La sua ripartenza, però, non è stata delle migliori: spazzato via con un eloquente 6-2 6-1 da Krajinovic a Cincy. Giornata no o c’è dell’altro? Un aspetto che ci mancherà di certo, invece, è l’indimenticabile legame creatosi nella scorsa edizione tra il focoso pubblico newyorkese e il buon Danil Medvedev. Che nel 2019 si trascinò fino alla finale con Nadal sfruttando la carica rabbiosa dagli spalti, che poi si trasformò in affetto reciproco. Il russo dovrà trovare altre armi per arrivare in fondo, ma rivederlo lì a giocarsi il titolo, non sarebbe una sorpresa.
Un altro che ci crede è Stefanos Tsitsipas, che però deve sfatare una maledizione che non lo ha visto mai oltre il secondo incontro a Flushing Meadows. Certo il greco non si accontenterebbe di un paio di turni in più e ha ammesso con candore di ritenere le assenze di Roger e Rafa “un’occasione”. Anche perché lui ci guadagna in fatto di seeding. Come Sascha Zverev, la cui continuità in un contesto così particolare è tutta da verificare. O come il nostro Matteo Berrettini - e che bello è citare un italiano quando si parla dei favoriti per un torneo così. Dal sogno americano del 2019 e quella semifinale che è già storia al silenzio del 2020: il romano sa di essere in grado di ripetersi ma anche di non potersi più nascondere. Ha giocato molti tornei di esibizione post lockdown, trovando quasi sempre buona intensità. Ed è di stanza negli Stati Uniti già da qualche tempo, per ambientarsi al meglio. Forza. Resta da fare la conta dei caduti, quelli che ahinoi non ci saranno: oltre ai citati Federer e Nadal, niente US Open anche per Nick Kyrgios, Stan Wawrinka, Gael Monfils e Fabio Fognini, con Kei Nishikori che prova il miracolo dopo la recente positività al Covid.
Undici vincitrici diverse nelle ultime tredici prove Slam, sei campionesse differenti negli ultimi sei US Open: se questo è il torneo dell’imprevedibilità, il circus femminile lo è già da parecchie stagioni. Ci siamo abituati a campionesse di major uscite all’esordio nello Slam successivo ed exploit di rara bellezza. Gli ultimi, per citarne due: Sofia Kenin, regina di Melbourne da testa di serie numero 14 e Bianca Andreescu campionessa uscente proprio a New York. Peccato che la canadese non ci sarà.
La vittoria dello US Open lo scorso anno è stato l’apice della mia carriera finora e mi mancherà essere là. Tuttavia, mi rendo conto che ostacoli imprevedibili, tra cui la pandemia da COVID-19, hanno compromesso la mia possibilità di prepararmi e competere quanto necessario per giocare al mio massimo livello [Bianca Andreescu]
Il forfait da detentrice che fa il paio con quello di Nadal: era dal 2003 che i Signori dell’edizione precedente non potevano difendere il titolo, allora furono Pete Sampras e Serena Williams. Ma Andrescuu (numero 6 del ranking) è in buona compagnia, visto che altre cinque top 10 non ci saranno: Ashleigh Barty (1), Simona Halep (2), Elina Svitolina (5), Kiki Bertens (7) e Belinda Bencic (8). E dunque? Dunque bisogna fare la conta delle presenti. La regina del 2018, Naomi Osaka, andrà a caccia delle certezze perdute dopo un Australian Open finito troppo presto. E proprio la vincitrice di Melbourne, Sofia Kenin, è chiamata a dimostrare che uno Slam non si vince mai per caso. Con loro, si staglia un terzetto con ambizioni di trofeo. Karolina Pliskova, che nonostante qualche ruggine e l’eliminazione precoce a Cincinnati mostra spirito battagliero al di là delle condizioni eccezionali in cui si gioca. "Sono stata abbastanza sicura di partecipare fin dall’inizio. Non so quale sia la ragione per la quale altre giocatrici non siano venute qua a New York. Ma io non ci ho pensato molto”, dice. Basterà? E poi Petra Kvitova e Garbine Muguruza, mai davvero convincenti a New York a dispetto di altri Slam ma capaci di tutto se dovessero imbroccare due settimane del loro miglior tennis.
Dulcis in fundo – non ci siamo dimenticati di lei – Serena Williams. Lei sì intimorita dalla situazione sanitaria e che per questo ha scelto – come Djokovic – di non alloggiare nella bolla ma in un appartamento esterno. Eppure l’occasione sembra propizia, tant’è che secondo molti boomakers è lei la favorita numero 1 del torneo.
Senza il pubblico degli Us Open, non mi stupirei se Serena sentisse davvero meno pressione [Pam Shriver, finalista US Open 1978]
Va detto che anche lei ha tanta ruggine addosso e per età e conformazione fisica potrebbe avere più difficoltà di altre a rimettersi in moto. Intanto ha già cominciato a sgranchirsi al torneo di Lexington, battendo Bernarda Pera e la sorella Venus nel derby del cuore, prima di cedere ai quarti a Shelby Rogers. A Cincy ha vinto (e faticato) all’esordio contro Arantxa Rus e ora è attesa da una sfida più probante, contro la greca Sakkari. Per gli US Open, lei ovviamente ci crede, altrimenti non sarebbe lì. Con un obiettivo, ormai annoso, ben fisso nella mente: i 24 Slam da record di Margareth Court Smith. Un primato che sembra stregato, dopo averle visto fallire l’aggancio in quattro finali perse tra Wimbledon e US Open negli ultimi due anni. E chissà che non sia questo, lo Slam più eccezionale di sempre, quello in cui Serena bussi definitivamente alle porte della storia.
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