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Roger Federer: "Il film è molto reale, emotività pura: non c'è sceneggiatura"

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Pubblicato 20/06/2024 alle 10:25 GMT+2

TENNIS - In vista dell'uscita del documentario sul finale della sua carriera, Roger Federer parla di svariati argomenti in un'intervista a Le Figaro. "Vorrei che Nadal, Djokovic e Murray giocassero per sempre, ma ovviamente tutto finisce".

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Giovedì 20 giugno è il grande giorno dell'uscita di "The Last Twelve Days of Federer", il documentario di Amazon sul finale di carriera di King Roger. In quest'ambito, il leggendario campione svizzero è stato intervistato da Le Figaro, affrontando vari argomenti.
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Sul documentario

"È molto reale, non sono lì per recitare, sto solo vivendo la mia vita e cercando di gestire le mie emozioni nel miglior modo possibile. Ero davvero molto vulnerabile in quel momento. Spero che questo film possa illuminare i tifosi, ma forse anche gli altri atleti, su cosa significhi la fine della carriera di uno sportivo. È un momento molto speciale. E oggi mi chiedo come se la sono cavata gli altri, in altri sport. Non c’è sceneggiatura, è un momento emotivo puro".

Sulla carriera

"A un certo punto, diciamo quando ho vinto il mio decimo titolo del Grande Slam, ho detto a me stesso che la mia carriera era molto più bella di quella che avevo mai sognato. Non avrei mai pensato di realizzare tutto questo e mi sono detto che dovevo godermelo. Non volevo entrare in un loop del “ehi, un altro titolo Slam, o ancora una settimana da numero 1 del mondo…”. E lo stesso quando ho annunciato il mio ritiro. Ho mandato un messaggino veloce in rete e poi, bam, finito: porto i miei ragazzi a calcio e vado a casa a fare i compiti con le mie bambine".

Ritirarsi

"La mia carriera è finita, ma, nel profondo, probabilmente ho ancora un piccolo macchinario in fase di sviluppo, perché ho fatto questo per così tanto tempo… Cerchi ogni giorno di essere il miglior giocatore possibile e, all’improvviso, stacchi la spina e cambi tutto! Ma resta una modalità stand-by, e parlarne mi riporta in questa situazione, che è bellissima. E’ strano, è molto toccante vedere cosa significo per i tifosi. Magari alcuni si sono conosciuti a un torneo, si sono sposati e hanno avuto un figlio che hanno chiamato Roger. Ho tanti piccoli aneddoti sull’argomento. Come un tifoso che mi chiede di non smettere mai di giocare e, oggi, è quello che vorrei con Rafa (Nadal), Novak (Djokovic) o Andy (Murray). Vorrei che giocassero per sempre, ma ovviamente tutto finisce".

Atteggiamento e carattere

"Penso di aver sempre avuto questa capacità di poter cambiare molto rapidamente. Questo mi ha permesso di assaporare certi momenti, ma anche di restare aggrappato al circuito. Pochi minuti prima della finale potevo fare il buffone nello spogliatoio e pochi istanti dopo essere al Centrale a giocare molto seriamente. Lo stesso dopo una partita, in pochi minuti, potevo rilassarmi, rilassarmi di nuovo, in modalità marito o papà, e non più giocatore. È perché sono stato in grado di farlo che sono riuscito a durare. Anche se in quel momento provavo imbarazzo a mostrare tanta fragilità, mi rendo conto che in realtà era un punto di forza".
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