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Cindy Ngamba: "Un'atleta rifugiata è come qualsiasi altra atleta"

Giulia Cicchinè

Pubblicato 10/06/2024 alle 17:31 GMT+2

Cindy Ngamba è una pugile camerunese, fuggita dal suo paese d'origine a 11 anni. È cresciuta, anche sportivamente, in Gran Bretagna e ha rischiato di essere rimpatriata. Lei in Camerun non può però tornare perché la sua sessualità non le permette di essere al sicuro a casa sua. Cindy è una dei 36 atleti rifugiati che prenderà parte dei Giochi di Parigi 2024.

Cindy Ngamba

Credit Foto Getty Images

Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Anche quando il mondo cambia per te e necessariamente fa cambiare quello che ruota intorno a te. Lo sport può aiutare a trovare un gruppo, una comunità e riscoprire un senso di appartenenza.
È la storia della squadra Olimpica dei rifugiati e dei suoi 36 atleti in spedizione a Parigi 2024 in rappresentanza di 100 milioni di persone. Una selezione di atleti, campioni nelle loro discipline che per motivi politici, più che sportivi, sono stati costretti ad abbandonare le loro nazioni d'origine. E lo sport e la politica spesso si intrecciano ma, come detto, lo sport nel suo piccolo, che così piccolo non è, ha il potere di cambiare il mondo.
Quello di rifugiato è uno status riconosciuto dalla UNHCR, riservato a "chiunque fugga da persecuzioni o danni gravi nel proprio Paese che ha il diritto di chiedere protezione internazionale" secondo quando riporta la Convenzione di Ginevra del 1951. Perché anche oggi, alla vigilia delle Olimpiadi 2024, c'è chi fugge.
Lo sa bene Cindy Ngamba, pugile nata in Camerun emigrata in Gran Bretagna a 11 anni.
"Un'atleta rifugiata è come qualsiasi altra atleta. L'unica differenza è che ha un documento o una cittadinanza diversa", ha dichiarato in un comunicato in cui si sancisce la collaborazione tra Nike e il Refugee Team.
Cindy, classe 1998, ha dovuto ricostruirsi una nuova vita lontana dalla famiglia. È stata anche molto vicina ad essere rimpatriata a forza in Camerun, dove però lei non può tornare. La sessualità di Cindy non le permette di essere sicuro in Camerun, uno dei 64 paesi riconosciuti dalle Nazioni Unite dove è considerato illegale essere omosessuali e dove tanti membri della comunità LGBTQ+ rischiano la reclusione o violenze.
"Mi è stato riconosciuto lo status di rifugiata. È illegale essere gay nel mio paese, quindi se fossi stata rimandata indietro, avrei potuto essere imprigionata. Inizialmente, mi vergognavo di essere chiamata rifugiata: questo mi faceva sentire impotente. Ma vivere ti consente anche di imperare e ora ho una mentalità diversa al riguardo. Alla fine della giornata, sei ancora umano. Non si dovrebbe mai guardare qualcuno perché è un rifugiato o un immigrato, una persona dovrebbe essere guardata per quello che è".
E Cindy è un'atleta. Un'atleta Olimpica.
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