Olimpiadi Parigi 2024 - Rambaldi e Sartori: "Ogni atleta ha qualcosa da insegnare, anche ai più forti"

Marco Castro

Pubblicato 29/05/2024 alle 12:16 GMT+2

OLIMPIADI PARIGI 2024 - Continua il nostro avvicinamento all'appuntamento olimpico a suon di interviste. Nell'episodio 13, i protagonisti sono due: Luca Rambaldi e Matteo Sartori, i nostri alfieri nel doppio di canottaggio. Una coppia variegata e complementare, ambiziosa e meticolosa. "La costanza è il segreto per raggiungere il picco a Parigi, step by step. In Italia c'è un grande movimento".

Luca Rambaldi e Matteo Sartori

Credit Foto Getty Images

Il canottaggio ha regalato all'Italia 41 medaglie nella storia dei Giochi olimpici (solo quattro sport hanno una tradizione più gloriosa) e tra gli atleti che sognano di rimpinguare il bottino quest'estate a Parigi ci sono di certo anche Luca Rambaldi e Matteo Sartori. Il tandem azzurro ha ottenuto il pass nel doppio (o due di coppia) centrando la finale ai Mondiali di Belgrado dello scorso settembre. "È stato un risultato discreto e ci ha dato consapevolezza - raccontano in questa intervista rilasciata a Eurosport - aver centrato la qualificazione con largo anticipo è sicuramente positivo, se fossimo arrivati a giocarci il posto nelle ultime gare utili, a tre mesi da Parigi, sarebbe stato piuttosto ansiogeno".
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Luca Rambaldi e Matteo Sartori in azione

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Classe 1994 Rambaldi, un'esperienza olimpica già alle spalle. Classe 2002 Sartori, figlio di quell'Alessio capace di vincere tre medaglie olimpiche tra Sydney e Londra. Entrambi rappresentano le Fiamme Gialle. Il loro avvicinamento a Parigi si costruisce nel quotidiano, un passo alla volta, per arrivare al grande giorno nella miglior condizione possibile. "È stato un inverno un po’ travagliato perché abbiamo avuto problemi fisici e di salute. Ma da quando ci siamo rimessi in barca abbiamo trovato presto un senso di coesione e di velocità ed è tutto un crescendo. Non stiamo cercando di avere adesso un picco di forma e di sensazioni positive, ma stiamo lavorando per progredire step dopo step fino alle Olimpiadi. La nostra strada per arrivare a quell’obiettivo è lavorare con costanza. Cercare il miglioramento, ma non in modo drastico. Il canottaggio è uno sport altamente ripetitivo, ma non esiste solo la barca o andare a 40 colpi in gara. Esiste anche andare a 20 colpi, per studiare il gesto. Esiste studiare il gesto a secco, a terra, o fare bene i pesi, andare forte di corsa. Ci sono tanti aspetti in cui si cerca di aggiungere un tassellino alla volta. Bisogna migliorare un po’ alla volta e farsi trovare pronti".
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Matteo Sartori e Luca Rambaldi dopo aver ottenuto il pass

Credit Foto Instagram

Il sodalizio tra i due è piuttosto recente, visto che nasce all'inizio del 2023. Spiega Sartori: "Mi sono fatto trovare pronto perché lui nella nostra Federazione era già un atleta affermato e con un curriculum abbastanza importante. Mentre io ero il giovane della squadra che doveva mettersi in mostra. Tramite vari test e prove in barca sono riuscito a entrare nel doppio con Luca e da lì è iniziato il nostro percorso. Ci siamo trovati bene, io ho piena fiducia in quello che lui può insegnarmi. Ha quasi 10 anni più di me, che vuol dire 10 anni in più di canottaggio e di esperienza". Una coppia variegata ma complementare, come sottolineano entrambi. "Io invidio il suo feeling con la barca - dichiara Sartori - Luca è sicuramente uno degli atleti più talentuosi che abbiamo in Italia, e non lo dico perché gareggio con lui. Gli invidio come riesce a sentire la barca. Il canottaggio è fatto anche di sensazioni, non devi disturbare la barca per non creare attrito. Lui ha questa dote innata, io purtroppo no". Risponde Rambaldi: "Io gli invidio la serenità. Quel misto di sfrontatezza e spensieratezza su determinati aspetti. Se una cosa non va bene, io mi ci incaponisco e mi ci chiudo sopra. Lui riesce a superarla meglio, è più paziente".
Le gare olimpiche di canottaggio si disputeranno allo Stadio Nautico di Vaires-sur-Marne, a 39 km dal Villaggio Olimpico. Un contesto particolare, come spiegano i due azzurri. "Conosciamo il campo gara, abbiamo fatto un raduno di 10 giorni a Parigi a ottobre, subito dopo aver ottenuto il pass - racconta Sartori - È un lago molto difficile, molto ventoso. Sarà la terza Olimpiade di fila in cui il canottaggio disputerà le gare in un bacino molto ventoso". "Tra l’altro non è utilizzato in gare internazionali - precisa Rambaldi -
Per un canottiere un lago ventoso è come per un ciclista dover affrontare la Parigi-Roubaix: se sei tagliato per quella gara magari arrivi davanti a un avversario che in generale è più forte di te. Anche a Tokyo c'era qualcosa di simile, c’erano le pale eoliche vicino al campo gara. Non un buon segnale!".
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I Giochi olimpici sono quasi sempre un'ottima vetrina per tanti sport, l'occasione per far conoscere la propria disciplina anche ai non addetti ai lavori. Su questo tema, però, Luca Rambaldi e Matteo Sartori hanno un'idea chiara. "Io penso che la visibilità di uno sport dipenda sempre da quanto i media ne danno risonanza - afferma il 29enne di Ferrara - Ad esempio, guardando al passato, mi vengono subito in mente gli Abbagnale. In quell'occasione c’era Galeazzi, che ha “creato” il canottaggio. Se io parlo con chiunque di canottaggio, mi citano Galeazzi e gli Abbagnale. Parliamo ormai di oltre 30 anni fa! Sono state vinte tante medaglie nel mentre, ma forse a livello di cronaca non è stato dato il giusto peso. Vincere ovviamente è importante, ma serve anche l’aiuto della stampa". Sulla stessa linea Sartori: "Il nostro non è uno sport facile da seguire e i pochi che lo seguono sono veramente appassionati. Le gare durano tra i 5 e i 7 minuti, bisogna rimanere anche tanto alla televisione. Galeazzi è stato un vero promoter, ma in generale manca un giro mediatico su tutto il canottaggio. Ci sono alcuni sport che ti permettono di essere spettacolare, nel canottaggio nessuno lo è, neanche uno che vince dieci mondiali".
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Ispirare i più giovani con le proprie gesta è un obiettivo nobile, ma la coppia avverte su quanto sia pieno di sacrifici uno sport come il canottaggio. "Per quanto riguarda i giovani, ci potrebbe essere più seguito dopo un bel risultato, come ora ci sono tanti ragazzi che vogliono provare il tennis sull’onda di Sinner - dice Luca - Però se all’inizio è un gioco, quando sei in barca nella natura, dopo un po’ ti scontri con la realtà della dura fatica di questo sport. Anche a 15 anni devi allenarti un giorno sì e uno no alle 5 di mattina e poi andare a scuola, fare 10-11 allenamenti a settimana. E poi le gare tutti i weekend, mettere da parte gli amici. Tanti cominciano e imparano, ma quando arrivano a 15 anni capiscono l'antifona e non hanno le spalle grosse per continuare. Ci vuole coraggio, non può restare un gioco". "A 15 anni entri anche sotto la lente di ingrandimento del direttore tecnico della federazione e dei gruppi militari, che sono un po’ come le società forti di calcio - spiega Matteo - Per noi è l’apice a livello sportivo e come sostegno ricevuto, sei un professionista. È uno sport che diventa professionistico già in giovane età".
L'Italia ha qualificato otto imbarcazioni su 14 eventi presenti nel programma dei Giochi olimpici di Parigi, compreso il debuttante otto femminile. La spedizione azzurra sarà massiccia e agguerrita, in fiera rappresentanza di una squadra che nel suo complesso sta lavorando bene, come sottolinea Luca Rambaldi. "Penso che ci sia un grande movimento, credo che questa federazione non chiuda a prescindere le porte a nessuno. Ci sono alcune Nazioni che agli eventi portano solo le barche che possono andare a medaglia, invece noi cerchiamo di portare tutti, specialmente i giovani, per fare esperienza, per creare un movimento. La Federazione su questa cosa investe molti soldi e risorse. In questi anni si è capito che il nostro movimento è alimentato molto da alcune singolarità, che in diversi equipaggi alzano il livello dell’imbarcazione. Non è più il canottaggio di 20 anni, dove vinceva il lavoratore. Oggi vince il talento, in forma e allenato, e che fa la differenza. Vale per quasi tutte le imbarcazioni. Il lavoratore da solo non basta".
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Rambaldi e Sartori in allenamento

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I Giochi olimpici sono teatro di incontro dei più grandi atleti del pianeta e per alcuni, in ambienti come il Villaggio olimpico o le sedi di gara, c'è la possibilità di incontrare idoli o fonti di ispirazione. Su questo tema, Luca Rambaldi ha un pensiero molto interessante e profondo: "Ovviamente ci sono gli idoli e gli atleti che stimo tanto, però io molto razionalista e non riesco a pensare a una persona sola come modello. Penso che tanti atleti, non per forza quelli che vincono, possono avere qualcosa da insegnare. Si può imparare qualcosa da uno che fa il salto in alto, la canoa, la corsa o qualsiasi altra specialità. Più che per la prestazione, conta la storia dietro. È la storia che fa l’atleta, la singola prestazione è un bagliore. Penso anche alla tenacia. Io mi identifico un po’ in Lindsey Vonn o magari in Tamberi, ammiro la loro capacità di rinascere dopo un infortunio o un problema. Ad arrivare in alto ci riescono in tanti, ma è il percorso di risalita dopo una caduta che mi fa provare tanta stima verso un atleta".
Sartori, invece, cita un nome in particolare: "Avrei una lista molto lunga di persone che mi piacerebbe incontrare. Questa è la mia prima Olimpiade, mi mette un po’ di soggezione anche solo il pensare di poter arrivare a un evento così importante. Sono cresciuto con mio padre, che per me è una leggenda indiscussa e ho sempre avuto lui come punto di riferimento. Ma se dovessi dire un nome di chi ci sarà, dico LeBron James. Sicuramente mi piacerebbe scambiare due parole con lui. È una persona che non si arrende mai, che sin dall’inizio ha sbriciolato record su record. Uno che appena vede la preda la punta e cerca di farla sua". E sempre a proposito della mentalità, Rambaldi e Sartori insistono: "Affascina non solo chi cerca di raggiungere sempre un obiettivo enorme senza accontentarsi, ma anche l’umiltà dell’atleta. Abbiamo avuto l’opportunità di incontrare anche Gianmarco Tamberi alla cena del club olimpico e siamo stati molto a parlare con lui. Sono uscite molte sfaccettature del nostro sport e del suo. Siamo rimasti tutti stupiti della sua sicurezza di sé e della sua professionalità, ma anche della sua umiltà. Ci ha detto: “Vi fate un mazzo tanto, invidio la vostra capacità di stare tutte quelle ore ad allenarvi”. Sentirsi omaggiati così dal nostro capitano è stata una sensazione bellissima. Anche noi nel nostro piccolo avevamo qualcosa da insegnare a lui".
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Diversi per carattere e indole, differente è anche il primo ricordo che Matteo Sartori e Luca Rambaldi hanno con il mondo del canottaggio, ultimo scampolo di una chiacchierata ricca di spunti. "Il primo ricordo che ho è legato a mio papà e a Londra 2012 - afferma con orgoglio il più giovane dei due - Mia nonna quasi si incavolò perché occupavo tutta la televisione, ero incollato per vedere la gara, tra l’altro mozzafiato. In quell’Olimpiade quella di papa fu l'unica barca italiana a prendere una medaglia. Una gara straordinaria, mi mancano anche le parole per descriverla. Mi ricordo pianti su pianti, a vedere papà con la medaglia".
C'è del canottaggio in prima persona, invece, nelle prime memorie di Luca: "Avevo 8-9 anni ed ero in un villaggio turistico nel Sud Italia. C’era una canoa sul bagnasciuga, ho fatto un giro e mi sono divertito. Qualche mese dopo, mi è arrivata a casa a Ferrara un volantino con scritto “vieni a provare canottaggio sul Po”. E i miei genitori mi hanno iscritto. Tra l’altro era canottaggio e non canoa, ma cosa ne sapevamo noi! Ho provato, ho visto che era diverso e mi è piaciuto. Il Po a Ferrara è a 60 chilometri dalla foce, è molto largo, ci passano anche le navi e barche molto grosse. Il mio primo ricordo è di sentirmi una formichina a 9 anni in mezzo al Po".
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