La lezione di un bel derby: riecco l'Inter scomparsa, riecco il "vecchio" Milan
Aggiornato 18/03/2019 alle 12:32 GMT+1
Ha vinto l'Inter, e c'è poco da dire. Non c'era Icardi, c'era tutto il resto. Gattuso tornerà a essere discusso: la pila di successi nascondeva, evidentemente, una cifra di gioco troppo fragile.
Se c’è un luogo comune che zavorra i derby, "favorita la squadra sfavorita" rimane il più gettonato. Veniva, il Milan, da cinque successi. E l’Inter, dal k.o. tecnico con l’Eintracht. Ha vinto l’Inter, e c’è poco da dire. E’ stata più aggressiva, ha segnato subito, ha tagliato i rifornimenti a Piatek, ha saputo soffrire. Personalità da una parte, episodi dall’altra. Non c’era Icardi, c’era tutto il resto: a cominciare da Vecino, che Spalletti aveva sistemato in una zona pericolosamente e felicemente ambigua, fra Bakayoko e Paquetà, non lontano da Lautaro e dagli sherpa.
Non solo ha spaccato l’equilibrio: ha confuso Gattuso, ha fornito sponde preziose. E così, contro-sorpasso. Recuperava, l’Inter, titolari cruciali come Lautaro, un toro di 21 anni, e Brozovic. Il Milan avrebbe avuto bisogno del miglior Suso, l’unico in grado di distribuire fantasia. E’ un po’ che manca, lo spagnolo. Già all’andata, decisa agli sgoccioli dal capitano ammutinato, il Diavolo era stato timido, spuntato.
L’Inter aveva molto da farsi perdonare, e l’ha fatto. Gattuso aveva invitato i suoi a non credere alla favola della crisi degli avversari, e non ci è riuscito. La pila di successi nascondeva, evidentemente, una cifra di gioco troppo fragile per vivere di rendita: in difesa, soprattutto.
Spalletti lascia la ghigliottina e si riavvicina all’aureola. Gattuso tornerà a essere discusso, schiavo com’è di una tendenza che vuole il suo Milan in balìa, spesso, delle grandi o sedicenti tali. L’idea, balzana, che la sconfitta della Roma a Ferrara avrebbe potuto addormentare l’atmosfera, è stata spazzata via dopo 3’. Perisic e Politano non davano riferimenti, nel bene e nel male l’Inter si è sempre mossa secondo un piano, il Milan no, al di là degli aggiustamenti del mister e del polverone dell’ultima carica. Paquetà, per esempio, non ha mai trovato una posizione all’altezza delle risorse e delle esigenze, tanto che, alla ripresa, è stato avvicendato da Castillejo. Nella cattura di Piatek, in compenso, c’entrano le manette di Skriniar e De Vrij, senza però trascurare il filtro dei centrocampisti.
Il raddoppio di De Vrij, proprio colui che aveva spalancato la porta a Jovic, era nell’aria, e nell’area, da tempo. Sembrava di essere tornati al Milan di Higuain e all’Inter del 3-0 alla Lazio. Come se fosse un altro libro, un’altra storia. L’incornata di Bakayoko, il rigore di Lautaro e la zampata di Musacchio hanno decorato il tabellino. Gattuso ci ha provato con Cutrone, Kessié terzino e un 4-2-4 "o la va o la spacca". Da una sfida a senso unico siamo passati a un rodeo, a una riffa. Ma attenzione: un’ora di Inter padrona, mezz’ora di Milan rischiatutto. E allora, giusto così. Al netto della "parata" di D’Ambrosio su Cutrone.
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