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Under 21, da Di Biagio al "biscotto": l’eterna caccia all’alibi

Roberto Beccantini

Aggiornato 24/06/2019 alle 07:35 GMT+2

Presentando la fase finale dell’Europeo Under 21, avevo definito "ghigliottina" la formula e scritto quanto segue: "Non siamo la squadra da battere, siamo una squadra: non è tutto, non è poco". E poi, naturalmente, avevo sparato le semifinaliste: Spagna, Italia, Germania, Inghilterra. Con l’aria che tira, dovrei azzeccarne due su quattro. Non proprio il massimo.

Focus Italia Under 21

Credit Foto Eurosport

Il calcio è metà arte e metà riffa. Lo abbiamo verificato sulla nostra pelle: il 3-1 alle "furiette" rosse non esiste, così come lo 0-1 con i polacchi. Normale è stato, esclusivamente, il 3-1 a un Belgio suicida al debutto e rassegnato all’epilogo. Di Biagio non è un genio, per carità, ma non credo che abbia commesso «fotte» letali. Se scorrete l’albo d’oro, troverete che i titoli li hanno conquistati Cesare Maldini (3), Marco Tardelli e Claudio Gentile: allenatori-artigiani, non certo orafi.
Migliore per distacco, Chiesa è tornato al centro del villaggio: ma non è bastato. Idem i guizzi di Barella-Nainggolan, i dribbling di Orsolini, gli strappi di Pellegrini. E’ mancata la scintilla a centrocampo. Mi hanno deluso Kean (candidato, come si diceva ai tempi dei governi democristiani, a un Balotelli-bis), Zaniolo (testa montata?), Mandragora, i terzini (Pezzella il meno peggio). In parte Cutrone e persino Meret. Cosa avrei fatto al posto del ct? Fuori Mandragora e Tonali subito: più fosforo, meno podismo.
Immagino che, salvo clamorosi colpi di coda, Di Biagio verrà destituito e sostituito. Si parla di Pirlo. Se è per chiudere un ciclo come quello di Allegri alla Juventus, passi; ma se è per individuare "il" capro espiatorio, no.
Per poterla sfangare da seconda, serve un miracolo. Serve, pane al pane, che la Romania batta la Francia o la Francia liquidi la Romania con almeno tre gol di scarto. Un pareggio qualificherebbe entrambe. In circostanze del genere usiamo tutti la stessa password: «biscotto». Noi, la pasticceria Italia. Il più ignobile che ricordi, fu Germania Ovest-Austria 1-0 al Mondiale 1982: fregò l’Algeria. Ero in Portogallo, all’Europeo del 2004, quando Cassano pianse calde lacrime sul 2-2 fra Danimarca e Svezia. Ma se Totti non avesse sputato a Poulsen, sarebbe stato meglio.
Nell’edizione del 2016 affrontammo l’Irlanda già qualificati e da leader del girone, addirittura. Conte liberò le riserve, gli irlandesi vinsero 1-0 e pure loro approdarono agli ottavi. Scagli il primo biscotto chi è senza ingredienti: all’Europeo del 2012, la Spagna di Del Bosque ci surclassò a Kiev (4-0) non prima di averci fatto il favore di battere la Croazia. Lui sì, un signore.
Da Videla a Mandela, ho seguito tutti i Mondiali. Il 6-0 di Argentina-Perù, nel giugno del 1978, eliminò il Brasile e non si può dire che non suscitò un certo scalpore. Insegnano, i vecchi saggi, che più la formula è astrusa più bisogna arrangiarsi e sbrigarsi. Per evitare che l’ultima partita diventi una lotteria alla quale, tra parentesi, puoi assistere ma non partecipare. E per non essere costretti a sperare nella santità altrui.
Ricapitolando: se mai si uscisse, quale sarebbe il vostro podio delle responsabilità? E al posto di francesi e romeni come vi regolereste? Qual è il confine tra un pari e un pari-biscotto?
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