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Ray Allen e il vizio del tiro perfetto made in "Mr Clutch"

DaIntervista Sportiva

Aggiornato 09/11/2016 alle 17:36 GMT+1

Dal nostro partner Intervista Sportiva

Ray Allen, Miami Heat 2014 (AFP)

Credit Foto AFP

Un’altra uscita di scena, l’ennesima nell'ultimo anno. Meno appariscente di quella del “Mamba”, Kobe Bryant, ma comunque da premio Oscar. Ray Allen, conosciuto anche come Candyman per il rilascio morbido ed esteticamente perfetto del suo tiro, ha scritto l’ultima pagina della sua altrettanto gloriosa carriera cestistica. Prima di giungere alla conclusione - alla quale non si vorrebbe mai arrivare in questi casi - sarebbe bene partire da dove tutto è iniziato, ossia quando Ray aveva solo 13 anni. La sua vita, come ha scritto nella personale lettera di addio (“Letter to my younger self”), non è mai stata facile, poiché suo padre era un membro dell’Air Force e lui ha spesso dovuto cambiare città e scuola dovendo stringere ogni volta nuove amicizie, con ragazzi che non aveva mai visto prima. Questa difficoltà però non c’era sul parquet, dove trascorreva gran parte della sua giovinezza ad allenarsi e a migliorare il tiro per diventare il più forte di sempre in quell’aspetto del gioco. E così è stato. Sui campi di pallacanestro ha “costruito la sua esistenza” e, anche se molte persone non lo hanno conosciuto veramente, ha dimostrato loro quanto ha lavorato e quanto bisogna impegnarsi per diventare qualcuno.


“Mr Clutch” dopo aver giocato per 3 anni (1993-1996) nella University of Connecticut, diventa a tutti gli effetti un giocatore Nba, scelto con la chiamata numero 5 dai Minnesota T-Wolves e scambiato subito coi Milwaukee Bucks. Arrivato a questi livelli però non volle mai essere un semplice comprimario. Ecco perché, dopo le prime 11 stagioni senza nessun titolo Nba, Ray decide che è arrivato il momento di provare a riscrivere la storia. Sia le sconfitte patite prima a Milwaukee e poi a Seattle (dove giocò dal 2003 al 2007), sia i tantissimi allenamenti e l’esperienza acquisita con gli anni lo portano a vincere nel 2008 con la casacca dei Boston Celtics, insieme a Kevin Garnett e Paul Pierce - altri due mostri sacri della pallacanestro moderna - il suo primo titolo Nba. I suoi anni a Boston sono eccellenti, indimenticabili ed è proprio con questa squadra che giunge alla definitiva consacrazione. Entrato nell’Olimpo dei migliori giocatori decide allora di voler andare a caccia del secondo e probabilmente ultimo titolo: a 37 anni riesce nell’impresa da assoluto protagonista, conducendo i Miami Heat - grazie a un canestro da tre punti allo scadere - a una vittoria clamorosa in gara 6 che avrebbe poi portato prima all'ultima gara della serie finale e infine alla vittoria dell'anello.
Un tiro da tre punti pazzesco che per molti sarebbe risultato impossibile anche solo immaginare dato l’alto quoziente di difficoltà, ma che lui rese apparentemente semplice. Ancora una volta decisiva fu la sua perfetta meccanica di tiro, che tanto viene insegnata ai giovani di oggi come esempio da dover seguire. Quel tiro è ancora oggi l’apice della sua carriera, il punto esclamativo di un giocatore che ha fatto di questo sport la vita. Un ragazzo partito da lontano che a piccoli passi è arrivato a realizzare quello che per lui era un sogno. La sceneggiatura perfetta di un film spettacolare. Un film che ha visto Ray Allen interpretare come meglio non avrebbe potuto la sua parte, proprio come fece durante le riprese del celebre “He got game” di Spike Lee (con Denzel Washington) del 1998, di cui fu il protagonista e che gli regalò un nome, “Jesus Shuttlesworth”. Quel suo vizio di perfezionare ogni cosa in cui si impegnava lo ha portato ad essere un tiratore mortifero, un ottimo difensore (memorabile su Kobe Bryant nelle due Finals giocate dai suoi Celtics contro i Lakers) e, all’inizio della carriera, anche un grande schiacciatore oltre che “un marito e padre di 5 meravigliosi figli”, come ha scritto pochi giorni fa nella lettera; perché come detto, prima di tutto è un uomo, con U maiuscola, che ha scritto pagine indelebili della storia del basket. Ora il sipario cala anche su di lui. Good luck Ray.
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