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Basket, Eurolega: Il tempo porta frutti: Milano diventa squadra ineserendo i nuovi

Daniele Fantini

Aggiornato 19/10/2022 alle 15:28 GMT+2

BASKET, EUROLEGA - La vittoria esterna contro il Partizan Belgrado ha mostrato i primi veri tratti della nuova Olimpia Milano. Da Kevin Pangos a Billy Baron, passando alla coppia Brandon Davies-Johannes Voigtmann sotto canestro: i grandi acquisti estivi hanno contribuito in modo determinante, tutti seriamente coinvolti per la prima volta in stagione.

Brandon Davies in palleggio contro Mathias Lessort, Partizan Belgrado-EA7 Emporio Armani Milano, Eurolega 2022-23

Credit Foto Getty Images

Il tempo crea chimica e vissuto. È un discorso tanto classico da sembrare trito. Eppure, alla terza settimana di coppe, si inizia a vedere qualcosa di nuovo. E di interessante. La vittoria di Belgrado ha acceso i riflettori su Shavon Shields, protagonista della sua miglior prestazione offensiva dai 26 punti sparati contro l'Olympiacos lo scorso novembre. Ma i dettagli più intriganti sono sparsi tra il roster biancorosso, intrecciati con quei giocatori chiamati a "fare la squadra". Perché "i nuovi", finiti sotto la lente d'ingrandimento dopo la partita stentata contro l'Alba, hanno lanciato squilli molto chiari, emergendo in uno degli ambienti più bollenti dell'intera Europa.
Partiamo dalla testa. Kevin Pangos. Il sovrautilizzo dettato dalla duplice assenza di Mitrou-Long e Baldasso non aiuta. Il playmaking è ancora latente (1 assist, 4 palle perse), disperso in un gioco fatto di palleggio eccessivo e difficoltà nel dare ritmo alla squadra. Ma la produttività è aumentata. Dopo l'1/9 di Lione e il 6/16 contro l'Alba, Pangos ha recuperato il killer-instinct dei tempi dello Zenit San Pietroburgo. Scelte di tiro migliori, percentuale più alta (5/9), ma, soprattutto, due canestri segnati con attributi enormi nella volata finale: la tripla del -1, determinante per risorgere dall'abisso di inizio quarto periodo, e il cameriere di pura sensibilità di polpastrelli per la coltellata decisiva.
Al suo fianco, Billy Baron. Nonostante sia il miglior assist-man della squadra (3.3) non è e non sarà mai un playmaker aggiunto. La sua vera forza è essere innescato come grande terminale offensivo. Ed è esattamente quello per cui sta spiccando in queste prime uscite. Il 9/11 dall'arco (81%), tradotto in 100% nelle due vittorie a Lione e Belgrado (7/7), lo rende un'arma pazzesca per una squadra che, prima della partita contro il Partizan, stava tirando con un modesto 31.5% su un numero molto alto di tentativi (17/54).
Ma le risposte più accattivanti arrivano dal front-court. Il reparto più decisivo in Eurolega. Quello in cui l'Olimpia ha storicamente sofferto, anche negli ultimi anni con assetto da contender. Ora le spalle della coppia Melli-Hines sembrano ben coperte. Per la prima volta, il nuovo duo Voigtmann-Davies ha dimostrato di potersi inserire all'interno del sistema di coach Ettore Messina, in entrambe le metacampo. Davies ha firmato il suo season-high in biancorosso (15 punti), fornendo una dimensione in post-basso nuova per il vissuto recente dell'Olimpia, unita a una presenza e solidità difensiva insospettabili per quanto mostrato nelle gare precedenti. Mobilità, attenzione, sacrificio, intelligenza tattica. Davies ha messo in campo tutto questo, facendo passare quasi inosservati i soli 12' concessi a Kyle Hines.
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Brandon Davies a rimbalzo contro James Nunnally, Partizan Belgrado-EA7 Emporio Armani Milano, Eurolega 2022-23

Credit Foto Getty Images

Johannes Voigtmann ha raddrizzato la sua serata dopo un inizio sonnolento, che lo ha visto troppo permissivo nella sua metacampo. Ha giocato una partita silenziosa, ma totale. Il box-score parla chiaro: 5 punti, 6 rimbalzi, 4 assist, 2 recuperi, 15 di valutazione. Anche qui, perfetto rimpiazzo per un Nik Melli più oscuro del consueto. D'altronde, i numeri parlano chiarissimo su quale sia stata la coppia di big-men più affidabile ed efficace. Davies ha un plus/minus di +17 in 28 minuti. Voigtmann addirittura di +23 in poco meno di 22', il migliore su sponda Olimpia.
Infine, è giusto spendere una parola anche per Stefano Tonut. Soltanto 109 secondi in campo, giocati tutti nei finali di quarto come purissimo specialista difensivo. Un ruolo difficilissimo, perché privo di margini di errore e da affrontare completamente a freddo. L'ex-Reyer ha messo il corpo in due azioni decisive, compresa quella della palla persa fatale di Danilo Andjusic a 37" dalla sirena. E, se aggiungiamo anche la tripla dall'angolo con cui ha chiuso il primo tempo, otteniamo un ritratto perfetto: massima resa con minimo utilizzo. Una dote che hanno in pochissimi.
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